Inquisizione in Sicilia: differenze tra le versioni

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Il vero inizio dell'inquisizione in sicilia
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{{Citazione|Il tribunale dell’Inquisizione, degno parto della truce anima del Secondo Filippo di Spagna, che che ne dicano gli storiografi di esso, non potea sopravvivere al progresso della civiltà. Due secoli e più di vita erano stati più che mai sufficienti non già, ma superflui per una istituzione, che partorita in un tempo in cui la barbarie era in fiore, si credé atta al mantenimento ed alla illibatezza della cattolica fede; la quale pè suoi santi dettami, e pe’ precetti suoi allo spargimento dell’umano sangue avversa è; sendo religion d’amore, tutta pura, tutta bella, tutta verginale; non religione di carnefici, non religione di roghi. Dunque fra le molte demenze dell’umano spirito e piuttosto fra le umane pernizie porre l’inquisizione è mestiere.|Pietro Lanza principe di Scordia ''Considerazioni sulla storia di Sicilia dal 1532 al 1789'', [[1836]]}}
 
L’L{{'}}'''inquisizione in Sicilia''' fu formalmente introdotta prima del [[1224|1478]] dal eRe [[Ferdinando II d'Aragona|Ferdinando II di Aragona]].
 
[[File:Palermo-Palazzo-Chiaramonte-bjs2007-01.jpg|thumb|[[Palazzo Chiaramonte-Steri|Palazzo Steri]] sede palermitana dell'Inquisizione Siciliana<ref>Corrado Dollo (con inediti di [[Giuseppe Moleto]], [[Marcello Malpighi]], [[Juan Caramuel]]), ''Modelli scientifici e filosofici nella Sicilia spagnola'', [[Guida Editori]], 1984</ref> attualmente sede del rettorato dell'[[Università degli Studi di Palermo]]]]
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La Sicilia dal [[XV secolo|XV]] fino a quasi tutto il [[XVII secolo]] faceva parte dell'[[Impero spagnolo]] sotto forma di Vice-Regno, al pari di [[Napoli]] e della [[Sardegna]]. Dopo un tentativo fallito di estendere dalla Spagna alla Sicilia il Tribunale dell'Inquisizione nel 1481, Il 6 ottobre 1487 [[Ferdinando II di Aragona|Ferdinando II il Cattolico]] creò il [[Tribunale dell'Inquisizione]]<ref>Giovanni Cucinotta, ''Ieri e oggi Sicilia: storia, cultura, problemi'', Pellegrini Editore, 1996 ISBN 88-8101-027-5, 9788881010271.</ref> e fu inviato in Sicilia il primo inquisitore delegato, [[Frate]] Agostino La Pena, la cui nomina fu approvata da [[Papa Innocenzo VIII]]. In Sicilia operavano già gli inquisitori apostolici dell'Inquisizione della [[Santa Sede]] anche se con modalità meno rigorose rispetto a quelle dell'[[Inquisizione Spagnola]].<ref>[[Pietro Tamburini]], ''Storia generale dell'Inquisizione'', 1866, Originale disponibile presso la Biblioteca Pubblica di New York.</ref><ref>Simona Giurato, ''La Sicilia di Ferdinando il Cattolico: tradizioni politiche e conflitto tra Quattrocento e Cinquecento (1468-1523)'', Rubbettino Editore srl, 2003 ISBN 88-498-0724-4, 9788849807240.</ref>
 
A differenza di Napoli, che rifiutò gli ordinamenti politici e militari spagnoli<ref>Di Pietro Lanza Scordia, principe di Pietro Lanza Scordia, ''Considerazioni sulla storia di Sicilia dal 1532 al 1789: daservir d'aggiunte e di chiose al botta'', pubblicato da A. Muratori, 1836, Originale disponibile presso la Harvard University.</ref> dando vita a numerose rivolte popolari (tanto che l'Inquisizione spagnola non venne mai istituita a Napoli a dispetto del volere di Ferdinando II<ref name="ref_B">Pietro Tamburini, ''Storia generale dell'Inquisizione'', 1866, Originale disponibile presso la Biblioteca Pubblica di New York.</ref>) in Sicilia l'inquisizione approdò e fu gestita da inquisitori arrivati direttamente dalla [[Spagna]]. Il loro potere, di fatto, era superiore a quello dei [[viceré]] stessi<ref>Francesco Renda, ''L'Inquisizione in Sicilia. I fatti. Le persone'', Palermo, Sellerio, 1997.</ref> in materia di procedimenti legali e, ovviamente, superiore all'autorità dei preesistenti giudici e funzionari locali.<ref>F. Renda, ''L'inquisizione in Sicilia'', Palermo, 1997, pp 27-33.</ref> Assieme al sovvertimento della struttura istituzionale della loro terra, la minaccia di vedere in qualche modo controllate le attività mercantili, finanziarie e commerciali attraverso la censura delle loro vite attuabile dal Tribunale ecclesiastico, l'Inquisizione si rese subito invisa al popolo siciliano ancor prima che le attività persecutorie avessero materialmente luogo.<ref>Simona Giurato, op. cit., p. 170.</ref>
 
L'inquisizione siciliana dipendeva direttamente da quella [[Inquisizione spagnola|spagnola]] e operava in assoluta autonomia dalla [[Santa Sede]] romana. [[Paolo III]], a differenza dei suoi predecessori [[Innocenzo VIII]], [[Alessandro VI]] e [[Giulio II]] che non si opposero all'autonomia dell'Inquisizione siciliana dalla Santa Sede, fu ostile all'Istituzione del tribunale nel [[Regno di Sicilia|Regno]] e appoggiò i napoletani. A capo del tribunale siciliano era preposto un inquisitore generale spagnolo mentre gli altri componenti venivano nominati dal viceré. Ad esempio, a metà del XVII secolo era inquisitore generale di Sicilia lo spagnolo monsignor D. Diego Garsia Trasmiera.<ref>Università degli Studi di Palermo, Annali del Dipartimento di Filosofia, in ''FIERI'', Storia e Critica dei Saperi http://fieri.unipa.it/annali/af_002_0506.pdf {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20070227072632/http://fieri.unipa.it/annali/af_002_0506.pdf |data=27 febbraio 2007 }}</ref>
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=== Gli scritti di Gerolamo Matranga ===
Il padre teatino Gerolamo Matranga (1605-1679) [[Chierico]] Regolare Palermitano [[qualificatore (Sant'Uffizio)|qualificatore]], fu per circa 40 anni ''censore'' del [[Sant'Uffizio]] e partecipò alle decisioni del Tribunale<ref name="ref_A">Corrado Dollo (con inediti di G. Moleto, M. Malpighi, J. Caramuel), ''Modelli scientifici e filosofici nella Sicilia spagnola'', pubblicato da Guida Editori, 1984.</ref> tenendo dei resoconti scritti di carattere ufficiale dove dà testimonianza involontaria delle persecuzioni, torture e violenze del Sant'Uffizio a [[Palermo]].
 
*I reati per i quali si veniva processati erano ovviamente l'[[eresia]] (eresie [[luteranesimo|luterane]], [[ebraismo]]) ma anche la [[bestemmia]], la [[stregoneria]], l'[[adulterio]], l'[[usura]]. Su 32 [[inquisito|inquisiti]] nell'anno 1658, 13 sono bestemmiatori ereticali, 9 ingannatori (maghi, indovini) e 5 [[poligamia|bigami]] e un sacerdote per detenzione di libri magici.
*Descrive l’l{{'}}''[[autodafé|auto-da-fè]]'' ossia la pubblica esecuzione della sentenza.<ref>Gerolamo Matranga, ''Racconto dell'atto pubblico di fede celebrato in Palermo'', stampato da Nicola Bua, Stampatore del Tribunale della Santa Inquisizione, 1658.</ref>
[[File:Palermo-Palazzo-Chiaramonte-bjs2007-04.jpg|thumb|upright=1.4|Iscrizioni dei detenuti all'interno del [[Palazzo Chiaramonte-Steri]]]]
 
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=== La distruzione degli atti e le Relaciones de causas ===
[[Leonardo Sciascia]] nel suo [[saggio]] ''[[Morte dell'Inquisitore]]'' esegue un'indagine diretta delle fonti e riferisce della difficoltà di reperire informazioni sull'attività del tribunale dell'Inquisizione in Sicilia soprattutto a causa di incendi involontari e volontari come quello che distrusse l'archivio del Sant'Offizio palermitano, ordinato dal [[viceré di Sicilia]] [[Domenico Caracciolo]] circa un anno dopo la chiusura del tribunale.<ref>[[Leonardo Sciascia]], ''[[Morte dell'Inquisitore]]'', Laterza, Bari 1964 /Adelphi Milano 1999.</ref> Della stessa opinione il Dollo.<ref>Corrado Dolloname="ref_A" (con inediti di G. Moleto, M. Malpighi, J. Caramuel), ''Modelli scientifici e filosofici nella Sicilia spagnola'', pubblicato da Guida Editori, 1984.</ref>
Lo studio e la ricostruzione dei processi (4.500 in tutto) e delle vicende hanno trovato nuovo fondamentale impulso grazie al ritrovamento e alla digitalizzazione delle ''relaciones de causas'', sunti dei processi che i tribunali periferici dell'Inquisizione spagnola dovevano inviare al Consejo de la Suprema y General Inquisición di [[Madrid]].<ref>Maria Sofia Messana, ''Inquisitori, negromanti e streghe nella Sicilia moderna'' (1500-1782), Sellerio, 2007, ISBN 88-389-2105-9.</ref><ref>[http://archiviostorico.corriere.it/2006/gennaio/08/streghe_Sciascia_martiri_dell_Inquisizione_co_9_060108090.shtml Le streghe di Sciascia e i martiri dell'Inquisizione<!-- Titolo generato automaticamente -->]</ref>
 
=== I numeri ===
Secondo P. Tamburini nel solo anno 1546 (settimo inquisitore generale il cardinale Loaise) i quindici tribunali attivi condannarono 120 persone al rogo, 60 in effigie e 600 a penitenze minori.<ref>Pietro Tamburini,name="ref_B" ''Storia generale dell'Inquisizione'', 1866, Originale disponibile presso la Biblioteca Pubblica di New York.</ref> Secondo altri storici di fine Settecento, dal 1487, anno di istituzione del Tribunale in Sicilia, al 1732 furono inviati al [[braccio secolare]] e bruciati o condannati ad altra [[pena di morte]] 201 persone, 279 rilasciati perché morti o [[contumacia|contumaci]].<ref>Antonio Tranchina, ''Breve rapporto del Tribunale della SS Inquisizione di Sicilia'', Palermo, Antonino Epiro Editore 1744, pp. 57-81.</ref>
 
{{cn|La Sicilia fu la regione italiana nella quale più donne vennero condotte al rogo per ordine della Santa Inquisizione. Il primo processo inquisitorio tenutosi nell'isola ebbe luogo ad Avola. Come Benedetto di Baronato ci tramanda, la prima donna inquisita, che rispondeva al nome di Maria Luisa Mangano, venne accusata formalmente di adulterio dal tribunale. Un'ora dopo l'accusa venne condotta al cospetto del Pilato, il quale diede ordine immediato di tortura con lo scopo di ottenere una confessione. Il susseguente processo durò meno di un'ora. I testimoni ci tramandano che più di 1500 donne siciliane subirono la stessa sorte.}} Altro episodio celebre di donna condannata al rogo è quello di Francesca Buccheri la Cirneca, criptogiudea di [[Militello in Val di Catania|Militello in Val di Noto]] uccisa agli inizi del '500.
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<references/>
 
== Bibliografia e approfondimenti ==
*[[Francesco Renda]], ''L'Inquisizione in Sicilia. I fatti. Le persone.'', Palermo, [[Sellerio]], [[1997]]
*[[Pasquale Hamel]], ''Il sogno di un illuminista'', Palermo, La Zisa, 1995