Il Cristo giallo: differenze tra le versioni

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In quest'originale reinterpretazione rustica del Crocifisso Gauguin concede ampio spazio alle suggestioni della linea e del colore, portando forse per la prima volta ad un'espressione compiuta la sua tecnica ''cloisonniste''. Gauguin, infatti, ne ''Il cristo giallo'' non applica il colore naturalisticamente, cioè con l'intento di riprodurre fedelmente la realtà rispettando i meccanismi che regolano la visione umana, bensì lo stende su ampie campiture omogenee, prive di effetti chiaroscurali, delimitate da contorni ben marcati. L'utilizzo quasi esclusivo dei tre colori primari (giallo, blu e rosso), poi, si giova anche di una spiccata bidimensionalità che, nel suo complesso, genera un ritmo decorativo non dissimile da quello presente nelle vetrate gotiche delle chiese bretoni, negli smalti medievali e nelle stampe dell'Estremo Oriente, particolarmente apprezzate da Gauguin. A coronare la composizione, geometricamente ben definita (l'asse di mezzeria della tela segue l'andamento del margine destro della croce, che scandisce ritmicamente lo spazio pittorico), intervengono poi le figure, rudimentalmente semplificate, ''sintetizzate'': si noti, in tal senso, la fattura pittorica delle contadine bretoni (lo stesso Gauguin, non a caso, definiva il proprio stile «sintetismo»).<ref>{{cita libro|autore=Piero Adorno|titolo=L'arte italiana|volume=3|editore=G. D'Anna|annooriginale=gennaio 1986|anno=maggio 1988|pp=240-242}}</ref>
 
NelloDopo stessoqualche anno Gauguin si è autoritratto avendo alle spalle il Crocifisso; essendosi avvalso di uno specchio, la figura di Gesù appare rovesciata.
 
== Note ==