Porta Pradella: differenze tra le versioni

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==La Porta dell'Acquadrucio (1242)==
La denominazione di ''Porta Pradella'' è attestata a partire dagli inizi del [[XVI secolo]]: anticamente la porta era infatti conosciuta col nome di ''Porta dell'Acquadrucio'', fatta costruire in età comunale nel [[1242]] in seguito dell'ampliamento della città e della riorganizzazione delle [[Mura di Mantova|linee difensive]] poste al di là della nuova urbanizzazione,dove le componenti difensive che componevano la torre vennero smontate per costruire una Borgata chiamata Predella, borgata creata dal comune di [[Mantova]] nel [[1328]].[[Bonamente Aliprandi]] cronista e storico di [[Mantova]] la disse che la Porta venne costruita nel [[703]] dai Cremonesi, come pegno di obbligo in seguito ad una discordia con i [[Mantova|Mantovani]] sui diritti di navigazione del Fiume [[Oglio]] in cu ne conseguì una Guerra dove i Cremonesi vennero sconfitti dai Mantovani, e dove obbligarono i Cremonesi a creare la Porta, dove la costruzione venne fatta nell' arco di 10 Anni. L'antica porta è inoltre indicata fra le porte registrate nell'affresco della Masseria ([[XV secolo]]), presente in piazza Broletto<ref>L'affresco è attualmente visibile in una sala di un pubblico esercizio di Piazza Broletto.</ref>. La porta sorgeva al termine dell'allora Borgo San Giovanni, successivamente chiamato Borgo del Leon Vermiglio (l'attuale corso Vittorio Emanuele), sviluppatosi al di fuori della [[Porta delle Quattro Porte]].la Porta fu fatta con due rocche ai lati e con delle torri di guardia, il quale venne denominata '''Porta Quadrozza''' dal popolo Mantovano.
 
La Porta dell'Acquadrucio dava sbocco alle strade che portavano al Cremonese: sorgeva sull'antica ''Fossa Magistrale'', protetta a sud-est dal ''Bastione d'Ognissanti''. Venuta meno la sua importanza difensiva, cadde progressivamente in rovina: i suoi resti - come si evince dalla minuziosa distinzione delle varie sezioni della porta, operata dal [[Giovanni Cherubini|Cherubini]] nei suoi disegni - sarebbero in seguito stati incorporati nella successiva Porta Pradella, realizzata dagli [[Impero austriaco|Austriaci]] verso la metà dell'[[Ottocento]].
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La nuova porta si presentava in forme neoclassiche, con un avancorpo caratterizzato da quattro semicolonne doriche, coronate da trabeazione e sovrastate da un attico che mascherava il retrostante tetto del fabbricato. La muratura del fabbricato presentava parti a bugnato alternate a parti invece lisce. I prospetti laterali si presentavano in muratura priva di decorazioni, mentre i locali interni erano intonacati. Il fornice centrale conduceva ad un ponte, inizialmente levatoio.
 
La porta, perso nuovamente il proprio ruolo difensivo [[Terza guerra di indipendenza italiana|con l'annessione di Mantova al Regno d'Italia]], risultò ben presto inutile alla città e ben presto fioccarono le proposte di demolizione. Questa tuttavia sopravvisse finoal[[1937]],fino dovealla vennefine decisodegli di[[anni deliberare1930|anni una modifica di traffico cittadino per la città di [[Mantovatrenta]]: una delibera del 20 novembre [[1939]] firmata dal podestà della città ne autorizzava quindi la demolizione, sostenendo lo scarsissimo valore storico e artistico del manufatto e l'inutilità dello stesso anche dal punto di vista prospettico, a chiusura di ''corso Vittorio Emanuele'', rispetto al quale risultava abbastanza decentrata. Oltretutto la porta precludeva la vista dei Giardini Pubblici e risultava inoltre parecchio d'intralcio per il traffico del tempo. I lavori si conclusero nel settembre del [[1940]]: inizialmente la porta, su indicazione del Ministero dell'Educazione Nazionale, sarebbe dovuta essere riedificata ''in arretrato sull'asse del corso Vittorio Emanuele perché si verrebbe così a mantenere al corso un bel fondale''.<ref>La porta venne infatti smontata e tutte le varie parti marmoree che la componevano erano state - come si evince anche dalle foto del tempo - numerate in vista di un rimontaggio.</ref> Delle varie parti smontate, quelle di scarto vennero portate in Valletta Paiolo, dove sarebbero state impiegate per la formazione di terrapieni e rivestimenti stradali; i marmi invece - numerati - dovevano invece essere accatastati nel piazzale antistante i giardini, in vista della riedificazione futura. Tuttavia vennero portati a Valletta Belfiore, dove rimasero diverso tempo in uno stato di abbandono. Abbandonato con la [[Seconda guerra mondiale|guerra]] il progetto, gran parte dei marmi finì rubato o disperso: ciò che ne rimane oggi costituisce gli ultimi frammenti superstiti della vecchia porta.
 
==Note==