Amba Alagi è il nome di un'alta montagna dell'Etiopia (3.438 metri), celebre per due battaglie ivi combattute dal regio esercito italiano.

La prima battaglia dell'Amba Alagi (1895)

Il 7 dicembre 1895, nel corso della Campagna d'Africa Orientale, il presidio italiano comandato dal Maggiore Pietro Toselli, composto da 19 ufficiali e 2.300 soldati, venne assalito da circa 30.000 abissini, e nel susseguente combattimento le forze italiane vennero completamente annientate.

Per onorare i caduti di questa sanguinosa battaglia, gli ascari (la fanteria coloniale italiana) del IV Battaglione (Toselli) portarono da quel momento la fascia nera in segno di lutto.

La seconda battaglia dell'Amba Alagi (1941)

Durante la Seconda guerra mondiale, di fronte alla travolgente avanzata dei britannici nell'Africa Orientale Italiana, le poche truppe italiane rimaste al comando di Amedeo di Savoia, duca d'Aosta e viceré d'Etiopia, si ritirarono per organizzare l'ultima resistenza sulle montagne dell'acrocoro etiopico.

Il duca d'Aosta si asserragliò con 7.000 uomini sull'Amba Alagi, in omaggio alla simbolicità di quel luogo, e venne ben presto stretto d'assedio dalle forze britanniche del generale Cunningham (25.000 soldati anglo-indiani più 16.000 abissini), che dal 17 aprile al 17 maggio 1941 tentarono in tutti i modi di espugnare la montagna, peraltro ben fortificata, senza tuttavia riuscirci.

I soldati italiani, inferiori sia per numero che per mezzi diedero prova di grande valore in questa battaglia, ma rimaste in pratica senza più acqua e viveri, si dovettero infine arrendere ai britannici dopo una strenua resistenza e per questo ottennero l'onore delle armi, reso non solo in omaggio all'alto appartenente della Casa Reale italiana.
È degno di nota (e pressoché regolarmente ignorato nei libri di storia) il fatto che, poco prima della resa, il Duca avesse autorizzato gli ufficiali a lasciar tornare nei propri villaggi le truppe indigene che, con martellante frequenza, erano state minacciate dagli assedianti dell'Amba Alagi di drammatiche ritorsioni ai danni dei loro averi e delle loro famiglie qualora gli ascari non si fossero consegnati alle truppe di Sua Maestà britannica.
A fronte di tale autorizzazione - come risulta dai Bollettini del SIM (Servizio Informazioni Militari) conservati presso l'Archivio Centrale di Stato di Roma, rubricati sotto l'anno 1941 - gli abbandoni non furono superiori alla quindicina di casi, tutti peraltro attuati controvoglia dai soldati indigeni che con i loro ufficiali avevano creato nel tempo un profondo rapporto cameratesco reso più intenso dalle difficoltà belliche.

Bibliografia

Bollettini del SIM, 1941 (numerosi faldoni consultabili presso l'Archivio Centrale dello Stato di Roma)