Cephalophus spadix

specie di animali della famiglia Bovidae

Il cefalofo di Abbott (Cephalophus spadix True, 1890), noto anche come Minde in swahili, è un grosso cefalofo di foresta diffuso solamente in un paio di enclaves in Tanzania; in passato era considerato una sottospecie del cefalofo dal dorso giallo. Molto sfuggente, è stato fotografato per la prima volta nel suo habitat naturale nel 2003, grazie all'impiego di una trappola fotografica[3].

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Cefalofo di Abbott[1]
Stato di conservazione
In pericolo[2]
Classificazione scientifica
DominioEukaryota
RegnoAnimalia
PhylumChordata
ClasseMammalia
OrdineArtiodactyla
FamigliaBovidae
SottofamigliaCephalophinae
GenereCephalophus
SpecieC. spadix
Nomenclatura binomiale
Cephalophus spadix
True, 1890

Descrizione

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Lungo 97-140 cm, con una coda di 8-13 cm e un peso di 50-60 kg, il cefalofo di Abbott ha un corpo tozzo, con brevi zampe massicce, collo robusto e un mantello lucente di colore variabile tra il marrone castano scuro e il nero, talvolta con una tinta rossastra su ventre e fianchi[4]. La faccia è di un colore grigio più chiaro[4], mentre tra le corna, appuntite e abbastanza brevi, è presente un lungo e caratteristico ciuffo di peli marrone-rossastri[4][5][6].

Distribuzione e habitat

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Il cefalofo di Abbott vive solamente in Tanzania, nelle foreste dei Monti dell'Arco Orientale, del Kilimangiaro e degli Altopiani Meridionali[2][6].

Diffuso prevalentemente nel folto della foresta[7], è più comune ad altitudini comprese tra i 1300 e i 2700 m, ma talvolta si spinge fino ai 4000 m di quota[4]. Oltre che nelle foreste primarie, si può incontrare anche nelle più disturbate foreste secondarie e, occasionalmente, nelle praterie[2].

Biologia

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La natura riservata del cefalofo di Abbott, così come le sue abitudini notturne e la predilezione per le zone di fitta vegetazione, ha fatto sì che si sapesse ben poco sull'ecologia e il comportamento di questa specie[2]. È stato visto nutrirsi di foglie sulla lettiera della foresta, e di vegetazione nelle radure[2], ma mangia anche frutti, fiori e muschi[4][6]. Un esemplare è stato avvistato con una rana in bocca; i cefalofi sono noti per catturare e divorare, all'occorrenza, prede vive[3].

Le abitudini criptiche e vigili del cefalofo di Abbott, sfortunatamente, non lo rendono completamente al sicuro dai predatori. I piccoli vengono probabilmente predati dall'aquila coronata africana (Stephanoaetus coronatus) e dai pitoni (genere Python), mentre cefalofi di ogni età possono cadere vittima del leopardo (Panthera pardus)[2]. In alcune aree anche leoni (Panthera leo) e iene macchiate (Crocuta crocuta) danno la caccia a questa specie[2].

Conservazione

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Come molti altri cefalofi, anche quello di Abbott ha dovuto subire gli effetti della caccia e della distruzione dell'habitat[2][4][6]. Cacciato per la sua carne, cade vittima delle trappole posizionate nelle foreste in cui vive, perfino all'interno di quelle che dovrebbero essere «aree protette»[2][8], mentre le poche aree di habitat disponibile stanno pian piano cedendo il posto ai terreni agricoli e alle compagnie del legname[2][4][6]. Queste attività umane hanno portato alla scomparsa del cefalofo di Abbott da molte aree, e nel 2008 la sua popolazione totale è stata stimata a meno di 1500 esemplari[2].

  1. ^ (EN) D.E. Wilson e D.M. Reeder, Cephalophus spadix, in Mammal Species of the World. A Taxonomic and Geographic Reference, 3ª ed., Johns Hopkins University Press, 2005, ISBN 0-8018-8221-4.
  2. ^ a b c d e f g h i j k (EN) Moyer, D.C., Jones, T. & Rovero, F. 2008, Cephalophus spadix, su IUCN Red List of Threatened Species, Versione 2020.2, IUCN, 2020.
  3. ^ a b Rovero, F., Jones, T. and Sanderson, J. (2005) Notes on Abbott's duiker (Cephalophus spadix True 1890) and other forest antelopes of Mwanihana Forest, Udzungwa Mountains, Tanzania, as revealed by camera-trapping and direct observations. Tropical Zoology, 18: 13 - 23.
  4. ^ a b c d e f g Kingdon, J. (1997) The Kingdon Field Guide to African Mammals. Academic Press Ltd, London.
  5. ^ Nowak, R.M. (1999) Walker's Mammals of the World. Johns Hopkins University Press, Baltimore, Maryland.
  6. ^ a b c d e Wilson, V.J. (2005) Duikers of Africa: Masters of the African Forest Floor. Zimbi Books, Pretoria, South Africa.
  7. ^ Stuart, C. and Stuart, T. (1997) Field Guide to the Larger Mammals of Africa. Struik Publishers, Cape Town.
  8. ^ Nielson, M.R. (2006) Importance, cause and effect of bushmeat hunting in the Udzungwa Mountains, Tanzania: Implications for community based wildlife management. Biological Conservation, 128: 509 - 516.

Bibliografia

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Collegamenti esterni

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