Mafalda di Savoia

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Disambiguazione – Se stai cercando la regina di Portogallo, vedi Mafalda di Savoia (1125-1157).
Mafalda di Savoia
Ritratto fotografico di Mafalda di Savoia
Langravia titolare d'Assia-Kassel
TrattamentoSua Altezza Reale
OnorificenzePrincipessa reale
NascitaRoma, 19 novembre 1902
MorteBuchenwald, 28 agosto 1944
SepolturaKronberg im Taunus
Luogo di sepolturaCappella del Castello di Kronberg
DinastiaSavoia
PadreVittorio Emanuele III d'Italia
MadreElena del Montenegro
Consorte diFilippo d'Assia-Kassel
Religionecattolicesimo

Mafalda di Savoia (Roma, 19 novembre 1902Campo di Buchenwald, 28 agosto 1944) nata principessa d'Italia, poi d'Etiopia e Albania, divenne Langravia titolare d'Assia-Kassel per matrimonio.

Biografia

Foto di Mafalda di Savoia da bambina

L'adolescenza

Figlia secondogenita di Vittorio Emanuele III e di Elena del Montenegro, Mafalda Maria Elisabetta Anna Romana, soprannominata Muti era di indole docile e obbediente. Ereditò dalla madre Elena il senso della famiglia, i valori umani, la passione per la musica e per l'arte. Trascorse la sua infanzia nell'ambiente familiare accanto alla madre e alle sorelle Giovanna, Jolanda e Maria Francesca; le vacanze si svolgevano a Sant'Anna di Valdieri, a Racconigi e a San Rossore con la partecipazione di tutta la famiglia. Durante la prima guerra mondiale, con le sorelle, seguì la madre nelle sue frequenti visite ai soldati e agli ospedali, venendo così coinvolta nelle attività materne di conforto e cura alle truppe.

Il matrimonio

Si sposò a Racconigi, il 23 settembre 1925, con il principe tedesco Filippo, Langravio d'Assia-Kassel, figlio del Langravio Federico Carlo d'Assia-Kassel, che fu per pochi mesi del 1918 re di Finlandia e Carelia. Filippo nel giugno 1933 su proposta di Hitler assunse l'incarico di governatore della Provincia d'Assia-Nassau. Come dono di nozze ebbero una pianta carnivora e un casale, situato tra i Parioli e la villa Savoia, a cui gli sposi dettero il nome di Villa Polissena, in memoria della principessa Polissena Cristina d'Assia-Rotenburg, seconda moglie di Carlo Emanuele III di Savoia.

Dal matrimonio ebbe quattro figli:

  • Maurizio d'Assia (Racconigi, 6 agosto 1926 - Francoforte, 23 maggio 2013), il quale sposò il 1º giugno 1964 la principessa tedesca Tatjana di Sayn-Wittgenstein-Berleburg (31 luglio 1940), da cui divorziò nel 1974; da questa unione nacquero 4 figli:
    • Mafalda (6 luglio 1965),
    • Enrico (17 ottobre 1966),
    • Elena (8 novembre 1967)
    • Filippo (17 settembre 1970);
  • Enrico d'Assia (Roma, 30 ottobre 1927 - Langen, 18 novembre 1999).
  • Ottone d'Assia (Roma, 3 giugno 1937 - Hannover, 3 gennaio 1998), il quale sposò il 5 aprile 1965 Angela von Doering (12 agosto 1940), dalla quale divorziò nel 1969; seconde nozze nel 1988 con la cecoslovacca Elisabeth Bönker, dalla quale divorziò nel 1994;
  • Elisabetta d'Assia (Roma, 8 ottobre 1940), la quale sposò il 28 febbraio 1962 Friedrich Karl, conte von Oppersdorff (30 gennaio 1925 - 1985); da questa unione sono nati due figli:
    • Federico Carlo (1º dicembre 1962)
    • Alessandro (3 agosto 1965).
File:Enrico d'Assia con la madre Mafalda di Savoia e i fratelli Otto e Maurizio.jpg
Mafalda di Savoia con i figli Enrico (a sinistra), Otto (in braccio) e Maurizio

Fu il periodo dell'ascesa in Italia del fascismo, visto da Mafalda con simpatia. Per la nascita dei suoi figli, Hitler le conferì la croce al merito (come a tutte le mamme di numerosa prole). Pur non riconoscendo alcun titolo nobiliare, il partito nazista assegnò a suo marito Filippo un grado nelle SS e vari incarichi.

Nel settembre del 1943, alla firma dell'armistizio con gli alleati, i tedeschi organizzarono il disarmo delle truppe italiane. Badoglio e il re trasferirono la capitale al Sud, ma Mafalda, partita per Sofia per assistere la sorella Giovanna, il cui marito Boris III era in fin di vita, non fu messa al corrente dei pericoli, forse per paura che informasse il langravio suo marito, che era agli ordini del Führer. Seppe quindi dell'armistizio mentre era in Romania. Ne venne informata nel suo viaggio di ritorno, alla stazione ferroviaria di Sinaia, in piena notte, dalla regina Elena di Romania, che aveva fatto fermare appositamente il treno e aveva tentato di farla desistere dal rientro in Italia. Consiglio che Mafalda decise di non seguire.

Dopo i funerali del cognato Boris III, la principessa Mafalda decise di rientrare a Roma per congiungersi con i figli e la famiglia, incurante dei rischi: benché fosse figlia del Re d'Italia, e legatissima alla sua famiglia di origine, era anche e soprattutto cittadina tedesca, principessa tedesca, moglie di un ufficiale tedesco, quindi sicura che i tedeschi l'avrebbero rispettata. Dopo Sinaia, la prima tappa fu l'Ambasciata Italiana di Budapest. Lasciato il treno, l'11 settembre, la principessa prese un aereo procurato dai diplomatici italiani con destinazione Bari. Ma l'aereo si fermò a Pescara. Per otto giorni la principessa alloggiò a Chieti, in un palazzo vicino alla Prefettura. Con mezzi di fortuna, il 22 settembre 1943 riuscì a raggiungere Roma e fece appena in tempo a rivedere i figli, custoditi in Vaticano da monsignor Montini (il futuro papa Paolo VI), escluso il maggiore, Maurizio, che era già in Germania, come il padre.

Il 23 mattina, all'improvviso, venne chiamata al comando tedesco con tutta calma, per l'arrivo di una telefonata del marito da Kassel in Germania. Un tranello: in realtà il marito era già nel campo di concentramento di Flossenbürg.[2] Mafalda venne subito arrestata e imbarcata su un aereo con destinazione Monaco di Baviera, fu trasferita poi a Berlino e infine deportata nel Lager di Buchenwald, dove venne rinchiusa nella baracca n. 15 sotto falso nome (Frau von Weber).

Le venne fatto divieto di rivelare la propria identità segreta (per scherno i nazisti la chiamavano Frau Abeba). Nel campo di concentramento le venne riconosciuto un particolare riguardo: occupava una baracca ai margini del campo insieme ad un ex-ministro socialdemocratico e sua moglie; aveva lo stesso vitto degli ufficiali delle SS, molto più abbondante e di migliore qualità rispetto agli altri internati. Le venne assegnata come compagna di camera la signora Maria Ruhnan, testimone di Geova[3] deportata per motivi religiosi; questa fu una figura molto importante per la principessa, la quale in punto di morte chiese che il suo orologio le fosse regalato come segno di riconoscenza. "Mettendola accanto a Mafalda, le SS erano sicure che, interrogandola, avrebbe riferito tutto quanto la principessa le avesse confidato."[4][5]

Il regime, pur privilegiato rispetto a quello di altri prigionieri, fu comunque duro: la vita del campo e il freddo invernale intenso la provarono molto. Malgrado il tentativo di segretezza attuato dai nazisti la notizia che la figlia del Re d'Italia si trovava a Buchenwald si diffuse. Dalle testimonianze si apprende che i prigionieri italiani avevano sentito dire di una principessa italiana reclusa e che un medico italiano lì rinchiuso le aveva prestato soccorso. Si sa anche che mangiava pochissimo e che quando poteva faceva in modo che quel poco che le arrivava in più fosse distribuito a chi aveva più bisogno di lei.[6]

Nell'agosto del 1944 le truppe alleate bombardarono il lager; la baracca in cui era prigioniera la principessa fu distrutta e lei riportò gravi ustioni e contusioni varie su tutto il corpo.[7] Recuperata dai deportati Bruno Praticello e Giovanni Marcato[8], fu ricoverata nell'infermeria della casa di tolleranza dei tedeschi del lager, ma senza cure le sue condizioni peggiorarono. Dopo quattro giorni di tormenti, a causa delle piaghe insorse la cancrena e le fu amputato un braccio. L'operazione ebbe una lunghissima, sconcertante durata. Ancora addormentata, Mafalda venne abbandonata in una stanza del postribolo, privata di ulteriori cure e lasciata a se stessa. Morì dissanguata, senza aver ripreso conoscenza, nella notte del 28 agosto 1944; sembra che, poco prima di morire, abbia detto ai deportati che la salvarono: “Sento che per me sarà difficile guarire, voi siete giovani, potete farcela…Se mai la fortuna vi aiuterà a tornare fatemi un bel regalo…salutatemi i miei figli Maurizio, Enrico, Ottone e Elisabetta. Salutatemi tutta l’Italia dalle Alpi alla Sicilia[9]

L'opinione del dottor Fausto Pecorari, radiologo internato a Buchenwald, è che Mafalda sia stata intenzionalmente operata in ritardo (seppur con procedura in sé impeccabile) per provocarne la morte. Il metodo delle operazioni esageratamente lunghe o ritardate era già stato applicato a Buchenwald, ed eseguito sempre dalle SS su alte personalità di cui si desiderava sbarazzarsi.

Il suo corpo, grazie al prete boemo del campo, padre Tyl, non venne cremato, ma messo in una bara di legno e seppellito in una fossa comune. Solo un numero: 262 eine unbekannte Frau (una donna sconosciuta). Trascorsi alcuni mesi, sette italiani, già appartenenti alla regia marina Giovanni Colaruotolo, Corrado Magnani, Antonio Mitrano, Erasmo Pasciuto, Antonio Ruggiero, Apostolo Fusco e Giosuè Avallone, tutti originari di Gaeta catturati al deposito militare di Pola, dopo l'8 settembre 1943 furono deportati a Weimar, dove rimasero fino al luglio 1945, quando furono liberati dagli Americani. Nelle vicinanze del loro campo, c'era il lager di Buchenwald dove, avevano saputo, era prigioniera, insieme a ebrei e politici, la principessa Mafalda di Savoia. Dopo la liberazione, i marinai di Gaeta decisero di recarsi al campo di concentramento di Buchenwald per mettersi alla ricerca della principessa e rinchiusi come lei nei campi di concentramento nazisti, non appena liberi, seppero trovare fra mille la sua tomba anonima e si tassarono per apporvi una lapide identificativa.

Il dottor Fausto Pecorari, subito dopo essere rientrato a Trieste, si recò personalmente a Roma dal Regio Luogotenente principe Umberto per comunicargli la triste notizia del decesso per assassinio della principessa Mafalda. La principessa Mafalda riposa oggi nel piccolo cimitero degli Assia, nel castello di Kronberg im Taunus vicino a Francoforte sul Meno.

Film

Alessandria, zona "Pista" - Piazza Mafalda di Savoia. Busto in bronzo realizzato dal figlio Principe Enrico d'Assia e fuso nella Fonderia Cavallari in Roma. Inaugurato domenica 27 maggio 2001 dall'allora sindaco Francesca Calvo alla presenza delle Principesse Maria Gabriella di Savoia e Mafalda d'Assia.

Nel 2005 è stata girata e prodotta una fiction televisiva in due puntate sulla vita della principessa Mafalda, il cui titolo è "Mafalda di Savoia - Il coraggio di una principessa". La fiction è stata liberamente tratta dalla biografia storica di Cristina Siccardi (Paoline Editoriale Libri, Milano, 1999 - Fabbri Editori-RCS Libri, Collana Le grandi biografie, Milano, 2000)

La produzione si è avvalsa della consulenza storica di Maria Gabriella di Savoia, per ricostruire al meglio gli scenari e le atmosfere dell'epoca.[10]

Dediche e riconoscimenti

  • In Italia esiste un comune, Mafalda (in provincia di Campobasso, Molise), che nel 1903 assunse questo nome proprio in omaggio alla neonata erede di casa Savoia, mentre in Sicilia un tipo di pane, la mafalda appunto, prese dalla principessa il nome.
  • Il piroscafo Principessa Mafalda del 1908 fu così chiamato in suo onore.
  • Il giorno 1º gennaio 1933, la Principessa Mafalda di Savoia ricevette la tessera di socia onoraria della S.S. Lazio.[11]
  • Nella chiesa detta "Tempio dell'Internato Ignoto" a Padova, è stato eretto nella navata di sinistra un altare dedicato alla Principessa Mafalda opera dello scultore Vucotich.
  • Molte città hanno intitolato vie e piazze ed eretto ricordi e monumenti a Mafalda (Roma, Milano, Genova, Rivoli (Torino), Alessandria, Rapallo, Adria, Sassari, ecc.).
  • A Roma le è stata intitolata una scuola elementare.
  • La Casa di Riposo di Solbiate è stata intitolata alla Principessa e così il padiglione maternità dell'Ospedale Mauriziano di Torino.
  • Lo scrittore Riccardo Bacchelli scrisse di lei: «Da lieto inizio di secolo al cupo fondo di immane tragedia storica. Mafalda di Savoia oltraggio di bieco odio e di spietato destino confermò lei nelle strenue virtù delle pie e forti antenate regali la mita fortitudine, la gentile bontà della donna, dell'italiana, della cristiana, vittima innocente, illuminarono di luce spirituale l'orrenda prigione, la fine atroce».
  • Lo scrittore svedese Axel Munthe ha dedicato a Mafalda di Savoia il libro La storia di San Michele, considerato il suo capolavoro. Il libro prende il nome dalla sua villa, ora museo, di Anacapri.
  • Nel 1997 un francobollo col suo ritratto uscì in Italia.
  • Ad Adria (RO), appunto in via Mafalda di Savoia, le è stata intitolata una stele in suo omaggio e ricordo il giorno 20 aprile 2010.
  • Nel comune di Rivoli (TO) sono stati ultimati nel mese di novembre 2013 i lavori di pedonalizzazione del piazzale intitolato a Mafalda di Savoia, alla quale è stato dedicato un busto in bronzo.

Ascendenza

Mafalda d'Italia Padre:
Vittorio Emanuele III d'Italia
Nonno paterno:
Umberto I d'Italia
Bisnonno paterno:
Vittorio Emanuele II d'Italia
Trisavolo paterno:
Carlo Alberto di Savoia
Trisavola paterna:
Maria Teresa d'Asburgo-Toscana
Bisnonna paterna:
Maria Adelaide d'Asburgo-Lorena
Trisavolo paterno:
Ranieri Giuseppe d'Asburgo-Lorena
Trisavola paterna:
Maria Elisabetta di Savoia-Carignano
Nonna paterna:
Margherita di Savoia
Bisnonno paterno:
Ferdinando di Savoia-Genova
Trisavolo paterno:
Carlo Alberto di Savoia
Trisavola paterna:
Maria Teresa d'Asburgo-Toscana
Bisnonna paterna:
Elisabetta di Sassonia
Trisavolo paterno:
Giovanni I di Sassonia
Trisavola paterna:
Amalia Augusta di Baviera
Madre:
Elena del Montenegro
Nonno materno:
Nicola I del Montenegro
Bisnonno materno:
Granduca Mirko Petrović-Njegoš
Trisavolo materno:
Stanko Petrović-Njegoš
Trisavola materna:
Christine Vrbitsa
Bisnonna materna:
Anastasija Martinović
Trisavolo materno:
Drago Martinović
Trisavola materna:
Stana Martinović
Nonna materna:
Milena Vukotić
Bisnonno materno:
Petar Vukotić
Trisavolo materno:
Peter Perkov Vukotić
Trisavola materna:
Stana Milić
Bisnonna materna:
Jelena Vervodić
Trisavolo materno:
Tadija Vervodić
Trisavola materna:
Milica Pavičević

Onorificenze

Onorificenze italiane

Dama di Gran Croce dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro - nastrino per uniforme ordinaria

Onorificenze straniere

Dama dell'Ordine della Croce Stellata (Impero austriaco) - nastrino per uniforme ordinaria
Dama di Gran Croce d'Onore e Devozione del Sovrano Militare Ordine di Malta - nastrino per uniforme ordinaria

Note

  1. ^ Ferma restando la genealogia dei Savoia, il tema della successione ad Umberto II come capo del casato è oggetto di controversia tra i sostenitori di opposte tesi rispetto all'attribuzione del titolo a Vittorio Emanuele piuttosto che a Amedeo: infatti il 7 luglio 2006 la Consulta dei senatori del Regno, con un comunicato, ha dichiarato decaduto da ogni diritto dinastico Vittorio Emanuele ed i suoi successori ed ha indicato duca di Savoia e capo della famiglia il duca d'Aosta, Amedeo di Savoia-Aosta, fatto contestato anche sotto il profilo della legittimità da parte dei sostenitori di Vittorio Emanuele. Per approfondimenti leggere qui.
  2. ^ Anche se non vi è prova di un'effettiva infedeltà politica di Filippo d'Assia, egli era divenuto inviso al regime nazista, sia in quanto imparentato con quei Savoia che avevano deposto Benito Mussolini, sia perché ritenuto complice di una cospirazione contro Hitler. Ciò nonostante, Filippo ebbe senz'altro miglior fortuna della sua consorte: come abbiamo scritto poco sopra, morirà, infatti, nel 1980.
  3. ^ La principessa e la testimone di Geova nell'orrore del campo. Mafalda di Savoia e Maria Ruhnau compagne di baracca a Auschwitz
  4. ^ Mafalda di Savoia, di Cristina Siccardi, Fabbri, 2001 Pag.272
  5. ^ Cristina Siccardi - Mafalda di Savoia
  6. ^ vedi: Santi, beati e testimoni-Mafalda di Savoia
  7. ^ Dopo essere stata diseppellita dalle macerie, causate dal bombardamento alleato, Mafalda venne stesa su una scala a pioli per essere trasportata nella casupola che era stata adibita a infermeria. Nel tragitto notò due italiani dalla "I" che avevano cucita sulla giubba. Fece segno di avvicinarsi col braccio non ferito e disse loro: «Italiani, io muoio, ricordatevi di me non come di una principessa, ma come di una vostra sorella italiana» (Deposizione giurata dei fratelli Vittorio e Rino Rizzo, depositata nel 1945 presso il notaio Conti di Udine).
  8. ^ Giovanni Marcato, A Buchenwald il mio nome era 34989, a cura di Enrico Chiara, 1999ª ed., Mursia, 1999, pp. 90-99.
  9. ^ (IT) Giovanni Marcato, A Buchenwald il mio nome era 34989 (Brochure), a cura di Enrico Chiara, 1999ª ed., Mursia, 1999, p. 98. Formato sconosciuto: Brochure (aiuto)
  10. ^ Mafalda di Savoia, il film e la sua vera storia, su ilgiornale.it. URL consultato il 7 gennaio.
  11. ^ Tratto da www.sslazionews.it «Nel museo della Lazio. Campioni e cimeli: 111 anni di emozioni»

Bibliografia

  • Enrico d'Assia, Il lampadario di cristallo, Rizzoli, Milano, 1992;
  • Renato Barneschi, Frau von Weber. Vita e morte di Mafalda di Savoia a Buchenwald, Rusconi, Milano, 1982;
  • Carlo Delcroix, Quando c'era il Re, Rizzoli, Milano, 1959, pag. 149 ss;
  • Massimo de Leonardis, Giuseppe Tarò, Giulio Vignoli, La figura storica di Mafalda di Savoia nella vicenda italo-tedesca, De Ferrari, Genova, 1996;
  • (DE) Jobst Knigge, Prinz Philipp von Hessen - Hitlers Sonderbotschafter für Italien, Humboldt Universität, Berlin, 2009;
  • (ES) Ovidio Lagos, Principessa Mafalda, historia de dos tragedias, El Ateneo, Buenos Aires, 2009;
  • Giovanni Marcato, A Buchenwald il mio nome era 34989, a cura di Enrico Chiara. 1999, Mursia;
  • Mirella Serri, Gli invisibili. La storia segreta dei prigionieri illustri di Hitler in Italia, Longanesi, Milano, 2015;
  • Cristina Siccardi, Mafalda di Savoia. Dalla reggia al lager di Buchenwald, Paoline Editoriale Libri, Milano, 1999;
  • Giulio Vignoli, Scritti politici clandestini. Politicamente scorretti, ECIG, Genova, 2000.

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