Un romanzo sul potere dell’infanzia e dell’immaginazione, sul male invisibile che ci lambisce e sulla possibilità di tornare a essere liberi. Tutto comincia nel tempo dell’infanzia, che Loris trascorre nell’orto di nonno Tempesta. Quando è insieme al nonno, il bisogno eccessivo di leggere per scacciare le angosce scompare e lui impara cose meravigliose come costruire una voliera per allevare i colombi, fedelissimi e iridescenti. Ma ora Loris ha trent’anni, ha fatto della lettura il suo mestiere, ha un appartamento e una fidanzata. Ma il lavoro in casa editrice è precario, l'ansia di non essere all'altezza dell'età adulta lo schiaccia, lo divora. Tempesta, i colombi, l’infanzia sembrano perduti per sempre. Giorno dopo giorno, Loris scivola dentro sé stesso, concentrato sui segnali di allarme che il corpo gli manda. C’è un male che lo assedia, ne è certo, un male che nessuno vede tranne lui, così come solo lui vede Catastrofe, la creatura mutaforme – occhi di gatta, pelle di pesce, orecchie da lupa – che gli siede accanto nei momenti più difficili. Ancora una volta Giulia Caminito sceglie la via del romanzo per raccontare sé stessa e la sua generazione, che non ha subito guerre o privazioni materiali ma ha avuto in sorte la solitudine della Rete e della precarietà. La sua scrittura essenziale crea un’atmosfera onirica, facendo dell'ipocondria una memorabile protagonista – la seducente e beffarda Catastrofe – e mettendo in scena, tra i palazzi urbani, la selva oscura che è necessario attraversare per tornare verso la luce.
Giulia Caminito è nata a Roma nel 1988 e si è laureata in Filosofia politica. Ha esordito con il romanzo La Grande A (Giunti 2016, Premio Bagutta opera prima, Premio Berto e Premio Brancati giovani), seguito nel 2019 da Un giorno verrà (Bompiani, Premio Fiesole Under 40).
“L’acqua del lago non è mai dolce” mi era piaciuto molto ma con “il male che non c’è” Giulia Caminito mi ha completamente conquistato. Un libro forte con una scrittura magistrale a tratti poetica. Sicuramente una delle migliori letture di quest’anno. Questo libro mi ha talmente sconvolto che non ho altro da dire. Anzi vi dico solo una cosa: leggetelo!
Una bestia che divora la carne, che si impossessa della capacità di sentire il vero e, affamata, afferra e affonda i denti nell'epidermide, azzanna ogni fibra muscolare, fino ad arrivare alle ossa che spolpa e infine sputa, come un chewing gum che masticato a lungo ha ormai perso consistenza e sapore.
Giulia dice "il dolore è come un uovo dal guscio compatto, senti d'averlo ingoiato e scende giù -gola, esofago, stomaco-, trova il luogo in cui depositarsi, non si cura del giorno e del momento, ha sempre voglia di farsi ascoltare". Il dolore, quello che spesso ci paralizza, ci fa contrarre lo stomaco, che spinge all'autodiagnosi, alle ricerche spasmodiche e al terrore di sentirsi spacciati. Quella bestia è l'immagine di un male oscuro e invisibile, crudele perché non puoi dimostrare a nessuno che esiste davvero, che è un compagno di cella, un essere mutaforma. Catastrofe.
Loris è un ragazzo che vive nell'angoscia, nell'emergenza, in una trappola che si chiama ipocondria. Si è laureato, ha trovato l'amore e il lavoro nell'editoria che ha sempre desiderato, ma a un certo punto il suo castello è iniziato a crollare: la precarietà occupazionale, una sensazione opprimente di ansia e di inadeguatezza, l'incapacità di diventare un uomo indipendente e questa ossessione che lo convince di non stare bene, di essere malato nonostante le soste in ospedale e le visite a pagamento restituiscano un corpo perfettamente in salute, senza macchia.
Loris ripercorre i ricordi che lo legano a un'infanzia felice, al rapporto con suo nonno Tempesta, ai pomeriggi in campagna dove la voliera per colombi colora le sue giornate. Ma poi qualcosa rompe l'equilibrio, e da quel momento la vita si tramuta in malessere, in un dolore a cui nessuno crede. Un dolore autoinflitto, che parte dalla testa e si diffonde.
Come in "L'acqua del lago non è mai dolce", l'autrice mette al centro l'incapacità di trovare il proprio posto nel mondo; è un romanzo psicologico, introspettivo, che non parla solo di ipocondria ma anche di fragilità emotiva, di paura, così come della possibilità di rinascita, che esiste ed è reale.
“E lui non ce la fa più a tollerare questa incertezza, questo vivere che sta per finire, ma non si sa quando, questo ammalarsi senza sintomi che come si manifestano è già tardi.”
“Il futuro cos’è e a se non una macchia scura, una nube interstellare fatta di gas e polveri.”