Storia di Adelaida, «Che viveva la sua vita come un’insurrezione continua»
Adrián N. Bravi (nella dozzina del Premio Strega 2024 proposto da Romana PetStoria di Adelaida, «Che viveva la sua vita come un’insurrezione continua»
Adrián N. Bravi (nella dozzina del Premio Strega 2024 proposto da Romana Petri, di cui prima o poi dovrò decidermi a leggere la trilogia portoghese) riesce nell’impresa non facile di essere presente nella storia e di scomparire. La storia è quella di Adelaida Gigli, nata nel 1927, figlia di Lorenzo, parente del più famoso tenore Beniamino, pittore durante gli anni del fascismo che preferisce emigrare in Argentina anziché mettere la propria arte al servizio della dittatura.
[image]
Arriva a Buenos Aires, nella quale aveva già studiato pittura da ragazzo e conosciuto la donna che avrebbe sposato e poi portato con sé nella natia Recanati, con moglie e due figli, ignaro di quanto il destino avesse in serbo per la sua famiglia: un’altra dittatura e nuove fughe, vittime delle quali saranno la figlia Adelaida e l’ex marito David Viñas, entrambi appartenenti a una cerchia culturale e politica di sinistra invisa al regime militare, e i loro figli Maria Adelaide e Lorenzo, che purtroppo finiranno per rientrare in quella cifra spaventosa che “ritiene che tra il 1976 e il 1983 in Argentina, sotto il regime della Giunta militare, siano scomparsi fino a 30.000 dissidenti o sospettati tali su 40.000 vittime totali”: i desaparecidos.
[image]
Adrián N. Bravi incontra Adelaida Gigli a Recanati, dove lui stesso italiano per le origini, argentino di nascita e in Italia inizialmente per motivi di studio (Bravi è nato nel 1963), finisce per diventarlo di adozione e restare; introdotto da un amico in casa della donna, scultrice e letterata, ma soprattutto donna indipendente e libera pensatrice, stabilisce con lei negli anni una relazione di amicizia, ma forse ancor più filiale, fatta di discreta presenza, di sintonia e soprattutto di capacità di ascolto.
Bravi, dicevo, riesce a essere presente e a scomparire, a non essere invasivo con i suoi ricordi, che pure esistono e in alcuni frangenti ci vengono offerti come quando ricorda la sua prima vita a San Fernando, dove abitava a poche case di distanza da quella di Adelaida, o circa la sua presenza al suo fianco nei momenti dell’ascolto nella casa italiana, a non essere mai protagonista, ma solo testimone, osservatore. Quello che ne consegue, in queste 144 pagine, in sole centoquarantaquattro pagine, dense e intense, sono non solo il racconto delle due vite di Adelaida Gigli e delle sue due famiglie, quella italiana e quella argentina, quella bonaerense e quella recanatese, ma anche quello della sua arte, della sua memoria (tema ricorrente nelle mie letture ultime), della sua vita intesa come disequilibrio in cui riuscire a trovare il proprio centro in sé, di pagine in cui l’autore, che nella vita fa il bibliotecario all’Università di Macerata, cerca di trovare il modo di mettere ordine, catalogare con sentimento, ricercare, in un fitto reticolo di ricordi, immagini e pensieri, la biografia di un’esistenza, la memoria della sua memoria.
[image] Adelaide ritratta insieme al marito David Viñas
[image]
In me, che già da anni sono “persa” nella ricerca dei miei antenati, questa lettura oltre a suscitare commozione, rabbia, dolore, cogliere la tenerezza misurata e pudica dell’autore, ha spinta ancora una volta a cercare, documentarmi, guardare, perdermi fra le foto di Adelaida e della sua famiglia, fra quelle delle sue opere e quelle del padre, incrociare la sua emozione - no, la mia emozione! - nel video “Homenaje a Adelaida Gigli” che la ritrae fra le foto della sua famiglia, lo sguardo perso nel bianco e nero della sua esistenza spezzata, ma intera - fra i documenti di imbarco da e per l’Argentina, poggiare gli occhi su quella stele che nel “Parco delle Parole Interrotte” ricorda Mini e Lorenzo Ismael e in cui le mani di Adelaida e le parole di Adrián, forse per l’unica volta, si sono toccate per ricordarli e per ricordare che “le parole interrotte / I sentieri scomparsi / Nulla può fermare / La mano che incide / La storia. Neppure qui, mi viene da pensare, in questo luogo, da quest’ermo colle dal quale è stato possibile riuscire a guardare l'infinito oltre la siepe "che da tanta parte dell'ultimo orizzonte il guardo esclude".
Quattro stelline per la testimonianza, tre per l'opera in sé: scrittura, editing, edizione tutta. Cinque per aver contribuito, con la sua stori[image]
Quattro stelline per la testimonianza, tre per l'opera in sé: scrittura, editing, edizione tutta. Cinque per aver contribuito, con la sua storia, a dare lo spunto inziale (e aver contribuito, Michael Phillips in prima persona) per la realizzazione di Troubles, il magnifico podcast di Emanuele Sciarrillo....more
L’avevo iniziato “prima”, poi lasciato lì per molto tempo perché non ero riuscita a entrare in sintonia con il tono della narrazione, pI demoni
[image]
L’avevo iniziato “prima”, poi lasciato lì per molto tempo perché non ero riuscita a entrare in sintonia con il tono della narrazione, poi ripreso e finito “dopo”. È pieno di demoni, ma anche di “Friends” (e di incontri sbagliati al momento giusto e di incontri giusti nei momenti sbagliati), di amici veri e di showbiz; e di donne più o meno famose, più o meno amat… no, l’amore è il nodo, il grumo intorno a cui ruota, forse, tutta la vita di Matthew Perry; e c’è tanto dolore, troppo, insostenibile, ma anche tanta voglia di vivere, di amare e di essere amato (e di saperlo fare, accidenti), e a leggerlo “dopo” fa parecchio male.
Non ci si aspetti, leggendolo, un’opera letteraria, è un libro che sceglie di usare il tono dell’attore che, sul palcoscenico, si rivolge al suo pubblico, a tratti cronologicamente un po’ confuso e con qualche ripetizione di troppo (mi dicono anche con qualche problema di traduzione, ma io, forse anche a causa della lettura così diluita nel tempo e frammentata, non l’ho colto) che avrebbe avuto bisogno di un buon editing, ma sincero, questo sicuramente sì, viste anche alcune pessime battute (due su Keanu Reeves e l’altra su Robert Duvall) e qualche stoccata riservata ad alcune delle donne con le quali si è accompagnato (rese tutt’altro che irriconoscibili anche quando i loro nomi sono assenti). Sembrava potesse esserci stato un lieto fine, per quanto la strada delle dipendenze resti sempre in salita e ci si consideri sempre sopravvissuti e mai guariti, ma il suo tragico epilogo a poco meno di un anno dalla pubblicazione di questo memoir, ci racconta quanto sia difficile uscirne vivi. Ciao Matty, ciao Chandler....more
Le ultime due parti (la raccolta è divisa in cinque sezioni che raccolgono scritti autobiografici di diversa natura) anche cinque stelle: emozionante,Le ultime due parti (la raccolta è divisa in cinque sezioni che raccolgono scritti autobiografici di diversa natura) anche cinque stelle: emozionante, commovente, a tratti straziante, ma sempre illuminato da quella grazia (cui Dubus spesso fa riferimento quando racconta della sua vita e della ricerca di un equilibrio esistenziale) che si riflette anche nella sua scrittura e nel suo sguardo.
«Ciò che rende l’America diversa, è ciò che ci rende eccezionali»
[image]
Determinato, saldo, retorico, cattolico, orgoglioso di essere americano, leale«Ciò che rende l’America diversa, è ciò che ci rende eccezionali»
[image]
Determinato, saldo, retorico, cattolico, orgoglioso di essere americano, leale a Barack Obama, ai Democratici, all’America e ai suoi valori, legato in maniera viscerale alla sua famiglia, profondamente convinto dell’eccezionalismo americano: Joe Biden si rivela non solo un uomo politico attento sia alle necessità dei suoi connazionali che in grado di diventare guida e mediatore nelle questioni internazionali, ma anche capace di incarnare sia la figura di “vice” che quella di leader e di restituire, al tempo stesso, l’immagine di un uomo integro, provato dalle vicende personali e dai lutti subiti dalla sua famiglia, che non ha mai esitato a fare un passo indietro quando non si è sentito nelle condizioni di poter dare il cento percento nel ruolo che la politica gli offriva. Io non so se sarà un grande presidente, anche se le premesse ci sono tutte (e chi crede sia solo una figura di transizione che verrà oscurata da Kamala Harris vuol dire che non sa bene chi sia Joe Biden), so solo che se terrà fede anche a uno solo degli impegni di cui già nel 2015 scriveva di volersi fare carico, cioè quello di diventare il Presidente durante il cui mandato si sarebbe sconfitto il cancro, se solo continuerà a provare la stessa empatia per le persone che ha continuato a provare durante tutta la sua carriera e i due mandati da vice presidente, per me avrà già vinto la sfida.