Le Malerbe è una storia illustrata che ripercorre l’esistenza di una donna, forzata alla schiavitù sessuale e segregata in una stazione di conforto deLe Malerbe è una storia illustrata che ripercorre l’esistenza di una donna, forzata alla schiavitù sessuale e segregata in una stazione di conforto dell’esercito giapponese.
In verità sapevo poco o niente di questi eventi, ma il mio approccio alla letteratura e alla storia orientale è veramente debole, ahimè!
Bello e lodevole l’intento e la scelta, quindi, di trattare questa storia adottando termini pacati, eppure d’effetto, anche se all’inizio ho fatto un po’ di fatica a stare dietro ai cambiamenti temporali del racconto. I disegni, a volte un po’ pesanti nei tratti, non hanno agevolato la lettura. Le ultime tavole - più leggere - sono le più belle e anche le più poetiche. Interessante ed esaustiva la postfazione da cui ho estratto il corsivo di apertura di questo mio commento.
... se c’è una cosa che ho imparato dalla vita, è che bisogna assecondare la propria natura e non desiderare di essere diversi.
... se non fosse che l’... se c’è una cosa che ho imparato dalla vita, è che bisogna assecondare la propria natura e non desiderare di essere diversi.
... se non fosse che l’avidità può far deviare dai buoni propositi...
Un bel giallo di quelli classici, una bella atmosfera, un finale ad effetto.
In un agosto asfissiante, questo libro è stato una ventata di aria fresca, un toccasana per il mio cervello che al momento non riesce a ricevere altro se non storie così.
La scrittura fluida, la trama intrigante, l’ambientazione suggestiva sono tutti elementi che hanno concorso a che l’apprezzassi più del previsto.
**spoiler alert** Questo paese conosce da sempre le guerre e i martiri. Perciò, come diceva mio padre: “Quando arriva un’onda troppo grossa, abbassa l**spoiler alert** Questo paese conosce da sempre le guerre e i martiri. Perciò, come diceva mio padre: “Quando arriva un’onda troppo grossa, abbassa la testa e lasciala passare!” - [Questo è molto persiano. La filosofia della rassegnazione.]
Niente da dire sulla tragicità della storia di questo Paese, peraltro abbastanza articolata. Molto avrei da dire sulle tantissime, inverosimili ed assurde limitazioni e violenze operate sulla popolazione, maggiormente sulle donne.
Se effettivamente questa è la sua autobiografia, la Satrapi si deve ritenere molto fortunata ad aver avuto sempre alle spalle una famiglia agiata, liberale e unita. Altre ragazze, in situazioni simili, temo non sarebbero sopravvissute a lungo. Personalmente l’ho trovata un po’ arrogante, egoista, viziata. Fin da bambina ha dimostrato un certo carattere, senza dubbio, ma non sempre questo l’ha agevolata, anzi. Viste le esperienze e le difficoltà incontrate, mi sarei aspettata un minimo di umiltà, più rispetto per il prossimo, meno egocentrismo e un diverso approccio a fronte di alcune situazioni. Alcune cose mi hanno dato veramente fastidio. Non è stata la sola ad aver sofferto.
Comprendo l’impegno civile (e lo apprezzo); capisco la difficoltà (forse anche un po’ di reticenza iniziale) di porre all’attenzione di molti - attraverso la grafica - alcuni tra i temi sociali più pesanti, nonché riportare la cronaca di eventi tragici, dolorosi e di forte impatto.
I disegni non hanno aiutato, o forse sì. Non so definire bene questo senso di disagio/fastidio durante la lettura. Tutto quel nero, il tratto pesante, le linee imperfette, le didascalie minute, hanno reso ancora più cupo il racconto. Anche il futuro, la speranza, in questo testo, hanno toni molto scuri. Certo, il distacco dai familiari è sempre duro, fonte di dolore e lacrime, ma come lei stessa ha detto: La libertà ha sempre un prezzo.
Bella epopea paesana, narrazione corale, ambientazione superba, contesto storico ben rappresentato, personaggi ben delineati. Sopra tutti spicca Luca,Bella epopea paesana, narrazione corale, ambientazione superba, contesto storico ben rappresentato, personaggi ben delineati. Sopra tutti spicca Luca, figlio di contadino, timido, ben educato che grazie ai sacrifici della sua famiglia riesce ad accedere agli studi universitari con discreto successo acquistando pian piano i titoli per essere ammesso ai primi gradini di un’altra categoria sociale.
Siamo in Molise, in un piccolo feudo in cui si muovono poveri contadini, sfruttati e affamati, accanto a scaltri notabili cui nulla importa delle loro condizioni. La terra è il motivo del contendere: ce n’è tanta, poco importa che sia maledetta; al di là delle superstizioni, è terra buona e può essere lavorata. Nasce così un progetto, un sogno: divisa in lotti e assegnata a varie famiglie può costituire se non la ricchezza, almeno la serenità per molti di loro.
I contadini non avevano dato un nome soltanto alle masserie nuove; avevano battezzato ogni contrada, ogni podere delle terre del Sacramento. Nomi nuovi che richiamavano quelli antichi, creati per un’accidentalità del terreno, ispirati da un gruppo di piante, dalla punta di una roccia, dal soprannome di una famiglia. Le terre del Sacramento rinascevano lentamente e prendevano voce e nome per opera di quelli che le venivano dissodando.
Ma il fascismo avanza, camicie nere e gambali e armi, la marcia su Roma si sta organizzando, la violenza e la repressione sono all’ordine del giorno. E il feudo non ne esce indenne. Persone ingannate, vite perdute, sogno infranto. Le ultime pagine mi hanno messo addosso un’angoscia...
Un libro pieno di umanità. Un bellissimo esempio di verismo.
Fra pagine dove la magia e le credenze popolari sono protagoniste assolute, e pagine in cui la brutalità della guerra appare in tutta la sua crudezza,Fra pagine dove la magia e le credenze popolari sono protagoniste assolute, e pagine in cui la brutalità della guerra appare in tutta la sua crudezza, scorre la vita della piccola Evelina, cinque anni, che ancora non conosce il significato della parola “pace”, ma conosce perfettamente il rumore delle bombe, la pericolosità del nemico, il lavoro duro della terra, la malattia della madre, l’amore per la famiglia tutta, il valore dell’amicizia e della lealtà.
Non si sa se le fate esistano veramente, ma di sicuro hanno popolato la fantasia della piccola, aiutandola ad attraversare con piede leggero un periodo storico durissimo, durante il quale anche il dolore viene mitigato dalla loro presenza.
Ci sta poi il dialetto, quella lingua strana che scivola tra il marchigiano e il romagnolo (più verso quest’ultimo) che insaporisce la storia, dandole spessore e un gusto pieno di veridicità. Difficile da leggere all’inizio, ma presto ci si fa l’abitudine e l’occhio diventa orecchio, se ne seguono i suoni e di sicuro il senso dei dialoghi non sfugge. Bello, l’ho apprezzato molto.
Questo romanzo ha una struttura incredibile: breve, semplice, essenziale, ma così intensa di contenuti da acquisire pian piano una forza incredibile. Questo romanzo ha una struttura incredibile: breve, semplice, essenziale, ma così intensa di contenuti da acquisire pian piano una forza incredibile. Dal niente si passa al tutto, con un ritmo incalzante, con il pathos che cresce, in poche pagine; anche se la storia è scarna, spesso si torna indietro per rileggere qualche frase, qualche paragrafo, perché gli spunti di riflessione non mancano.
L’uomo non è fatto per la sconfitta. Un uomo può essere distrutto, ma non sconfitto.
Difficile dimenticare il povero vecchio pescatore Santiago.
Il “piccolo” Fiocco di Neve sempre più protagonista; questa volta riesce a intrufolarsi in un quadro, vivendo una meravigliosa esperieSeconda parte...
Il “piccolo” Fiocco di Neve sempre più protagonista; questa volta riesce a intrufolarsi in un quadro, vivendo una meravigliosa esperienza. Ne esce rinvigorito e cresciuto, finalmente, pronto ad affrontare il mondo, dopo aver portato un po’ di serenità anche al vecchio custode notturno.
Forse perché avevo già letto il primo facendoci l’occhio, ma i disegni di questo volume mi sono sembrati migliori, forse perché è più curata l’ambientazione. E mi son dovuta ricredere anche sul brutto e prepotente gatto nero... (che poi io adoro i gatti neri!).
Non mi hanno fatto impazzire, ma devo riconoscere che questi due volumi costituiscono una bella prova di fantasia, quasi una favola.
Idea originale, se si vuole vederlo come un omaggio ad uno dei più famosi Musei del mondo, e molto fantasiosa come storia (io l’ho trovata anche moltoIdea originale, se si vuole vederlo come un omaggio ad uno dei più famosi Musei del mondo, e molto fantasiosa come storia (io l’ho trovata anche molto “romantica”, in senso figurato, eh!), non sempre però supportata dai disegni che a volte risultano spigolosi. Gli umani mi son piaciuti, i gatti un po’ meno, tolto il piccolo Fiocco di Neve. Ben rappresentato l’ambiente.
Beh, resto in attesa di leggere la seconda parte per saperne di più.
F R I D A, queste cinque lettere sono sinonimo al contempo di tutto un mondo, di un universo singolare, di una cultura, di un mito, e non hanno nemmenF R I D A, queste cinque lettere sono sinonimo al contempo di tutto un mondo, di un universo singolare, di una cultura, di un mito, e non hanno nemmeno più bisogno del cognome. (Benjamin Lacombe - Giugno 2016)
Mi preparavo a studiare i corpi e alla fine è proprio il mio corpo che m’insegna e organizza la mia vita. Mentre dipingo al ritmo dei miei dolori, dove il verde sfuma nel rosso sangue, io sono quello che vivo. [...] «Diego, mio bel bambino.» L’aria che circola nelle mie vene ha l’odore della tua pelle. Soffiata nel mio cuore, ne scandisce i battiti. Ho seguito i movimenti delle tue mani. Ho voluto dipingere la mia immagine. Mi sono persa. [...] La mia vita non è quella che avevo immaginato. Mai una statua può danzare. L’amarezza delle mie ferite ha corroso i fili dei marionettisti. Ho fatto delle mie crepe una forza. In fin dei conti «perché dovrei volere i piedi, se ho le ali per volare?» [...] Prenderò posto in uno scrigno di seta, liberando i colori che hanno dipinto la mia immagine. Offrendo al mondo ciò che mi pareva giusto. Affidando al ricordo l’essenza del mio essere. [...] Non dimenticatemi.
Disegni ricchi di particolari (a volte inquietanti) e colori magnifici; le pagine intagliate ad arte offrono prospettive diverse svelando pian piano la tavola finale; didascalie stringate, quasi dei flash, ma efficaci quanto basta per delineare i tratti salienti della vita e del carattere di questa grande Artista.
...sognava un viaggio in Africa. Quando su un sito web per bibliotecari apparve l’inserzione di un gruppo di società americane che cercavano qualcuno ...sognava un viaggio in Africa. Quando su un sito web per bibliotecari apparve l’inserzione di un gruppo di società americane che cercavano qualcuno disposto a lavorare temporaneamente come consulente e a contribuire a organizzare una biblioteca trasportata su cammelli in Kenya, all’inizio non riuscì quasi a crederci. Sembrava che una divinità al corrente del suo desiderio segreto avesse creato un impiego su misura per lei.
Ho faticato un po’ a leggere questo libro. Mi spiego.
L’idea di partenza è buona (pare sia stata attinta da un progetto reale cui si possono fare addirittura delle donazioni) e cioè quella di portare - attraverso i libri (in questo caso con i cammelli, l’unico mezzo possibile) - l’alfabetizzazione fra le remote popolazioni africane; anche l’inizio è promettente... ma poi si perde un po’, si appiattisce, diventa troppo “romanzo”. C’è il solito incontro/scontro di culture: da una parte quella chiusa di un popolo nomade africano che tramanda oralmente la propria, fatta di riti, superstizione, segni, magia; dall’altra quella occidentale che vorrebbe imporsi, suscita curiosità ma scompiglia idee, tradizioni, certezze e di sicuro non è ben vista, soprattutto quando invoglia - in soggetti più aperti ai cambiamenti - ad andare via per oltrepassare non solo i confini territoriali, ma anche quelli della conoscenza.
L’anello di congiunzione potrebbe essere Scar Boy (ma poi perché questo nome così inglese? qualcosa in swahili no?), un ragazzo dal volto sfigurato, emarginato, che trova nei libri il suo mondo e scopre in essi la bellezza del disegno. Invece sarà proprio lui a dividere la popolazione: ad un tratto non vuole/può restituire i libri presi in prestito dalla biblioteca; questo strano atteggiamento verrà visto dal consiglio degli anziani del villaggio (ah, dimenticavo: siamo a Mididima) come un atto che sicuramente attirerà sventure sulla tribù (in primis, la carestia); la punizione degli anziani sarà severissima. C’è anche spazio per storie amorose, primi approcci, sogni, tradimenti, ecc.; su questo tema sono veramente poche le varianti culturali... Il finale, forse l’unico possibile, lascia un po’ di amaro in bocca. Ammetto che lo avrei voluto diverso.
Nel complesso mi aspettavo qualcosa di più... accattivante. Peccato: 2,5/5
Solo un maestro dell’avventura come James Rollins poteva ricavare da un film così rocambolesco un romanzo altrettanto movimentato e travolgente, pienoSolo un maestro dell’avventura come James Rollins poteva ricavare da un film così rocambolesco un romanzo altrettanto movimentato e travolgente, pieno di misteri e colpi di scena, ricostruendo ambientazione, natura, storia, archeologia e fantascienza in un mix... esplosivo! Mi sono divertita tantissimo a seguire Indy e i suoi compagni dallo Yucatàn al Perù, alla ricerca della città d’oro di Akator, proteggendo un teschio di cristallo, inseguiti dai soliti irriducibili nemici russi. Che ci vuole? Un po’ di sabbie mobili, una corsa pazza attraverso la foresta pluviale, attaccati da gigantesche e fameliche formiche rosse, e come unica via di fuga il fiume... ma poi ci sono le cascate ed allora si vola giù... e finalmente ecco la valle dell’antica città e il suo tempio disseminato di trappole e non solo... Tanta roba!!! Wow!!!
Slavi e croati contro italiani; comunisti e antifascisti in contrasto tra loro sulla questione territoriale e nazionale; uomini del nuovo governo e deSlavi e croati contro italiani; comunisti e antifascisti in contrasto tra loro sulla questione territoriale e nazionale; uomini del nuovo governo e del passato regime che spesso coincidono; tutori dell’ordine che opprimono e riducono le libertà civili e personali invece di favorirle; contrasti di classe che sono insieme etnici e politici. Questo, ma non solo questo, il contesto.
Istria terra di confine e rossa di sangue, messa più volte e da più parti, con scopi e idee diversi e contrapposti, a fuoco e fiamme. Terra di lacrime e di dolore, di rancori e vendette. Ed è proprio in questa terra che si svolge il dramma di una giovane donna.
Una vita quando si avvera sulla pagina non è altro che una trama di parole. Tutto, proprio tutto è parola.
Il ruolo che Norma ha assunto con la sua morte, simbolo della italianità degli istriani e di tutte le donne violentate dalle truppe in guerra, ne fa oggi una figura emblematica, un punto di riferimento per cogliere appieno la disumanità insita in tante delle ideologie e dei progetti di società che hanno attraversato il Novecento.
Norma, giovane laureanda di 23 anni, venne gettata ancora viva, insieme a molti compagni di sventura, in una foiba vicino ad Antignana. Il dramma visto con gli occhi delle vittime. Crudo e doloroso.
Breve ma intenso. Non è solo il racconto di un evento bellico, di una missione necessaria, è anche un concentrato di grande e varia umanità. La tensioBreve ma intenso. Non è solo il racconto di un evento bellico, di una missione necessaria, è anche un concentrato di grande e varia umanità. La tensione, la paura, la determinazione, il coraggio, la speranza si avvertono in ogni pensiero, in ogni azione dei protagonisti, tutti magnifici. La scrittura di Michener, anche nel breve, è potente ed evocativa. Alla fine, un filo di commozione. Ci sta. Molto, molto bello.
1. Ti ho sposato per allegria: 3 stelle Molto carino. Dialoghi e monologhi fiume che fanno sorridere, ma anche riflettere. Inutile dire che mi è tornat1. Ti ho sposato per allegria: 3 stelle Molto carino. Dialoghi e monologhi fiume che fanno sorridere, ma anche riflettere. Inutile dire che mi è tornato in mente il film di Luciano Salce (1967) con Monica Vitti (Giuliana), Giorgio Albertazzi (Pietro) e Maria Grazia Buccella (Vittoria). Lo rivedrei volentieri.
2. L’inserzione: 4 stelle Intrigante e ben congegnato. Qualche anno fa ne hanno realizzato una pièce teatrale con Cloris Brosca (la Zingara della Rai, nei panni di Teresa) e Bianca Nappi (Marietta in Lolita Lobosco, qui è Elena). Definirla commedia mi sembra fuori luogo, conoscendo alcuni passaggi e l’epilogo, anche se tutto sommato è un serpente che si morde la coda.
3. Fragola e panna: 2,5 stelle Nella sua banalità mi ha fatto rabbia, soprattutto per il menefreghismo del maschio di turno. Commedia, anche questa, fino a un certo punto...
4. La segretaria: 2,5 stelle Una girandola di personaggi che ruota intorno alla figura di una ragazza nullafacente che, per vari motivi, scompiglia la vita delle persone che le sono vicino. Anche questa commedia (!) è stata rappresentata nel ‘67 con la regia di Luciano Salce.
Nell’insieme un tre stelle finale.
Per certi versi, molte delle situazioni descritte in questi quattro copioni, personaggi inclusi, mi hanno ricordato Gli indifferenti di Moravia, anche se quest’ultimo è di diversa levatura.
Antonella Imperiali
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